L’elusione fiscale deve essere contestata già nell’avviso di accertamento e dopo che il contribuente è stato invitato a fornire chiarimenti. L’Ufficio, cioè, non può sollevare per la prima volta la questione in occasione del processo, perché ciò significa violare l’articolo 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 il quale prescrive che l’avviso di accertamento deve contenere l’indicazione delle norme significative dell’operato dell’AF. Senza dimenticare che, secondo giurisprudenza consolidata, la motivazione dell’atto impositivo non può essere integrata in corso di causa. Né il giudice tributario può ricondurre, ex officio, la fattispecie all’abuso del diritto.La sentenza. È quanto si ricava dalla sentenza 4 aprile 2014 n. 7961 della Corte di Cassazione – Quinta Sezione Civile Tributaria.

Il caso. Con la pronuncia in rassegna gli Ermellini hanno accolto il ricorso presentato da una società alla quale era stata contestata l’elusione fiscale solo in sede di appello. L’avviso impugnato, infatti, faceva riferimento agli articoli 54 del D.P.R. 633/72 e 39 del D.P.R. n. 600/73 e non anche all’articolo 37-bis del medesimo D.P.R. 600.

Cassazione con rinvio. La Sezione Quinta Tributaria osserva che dagli atti di causa è emerso – e le parti non hanno mosso contestazioni in proposito – “che gli avvisi di accertamento, oggetto di contenzioso, vennero emessi, ai sensi dell’articolo 39 DPR n. 600 del 1973 ai fini IRPEG e ILOR, ed ai sensi dell’articolo 54 DPR n. 633 del 1972 ai fini IVA. L’Agenzia delle Entrate, in controricorso, nel non disconoscere che la questione in ordine alla sussistenza, nella specie, di una finalità elusiva d’imposta fosse stata introdotta per la prima volta nel giudizio di secondo grado, ha ribadito che, nella specie, non era stata data una diversa qualificazione giuridica al rapporto dedotto in giudizio né era stata indicata una diversa base normativa, ma si erano svolte semplici osservazioni giuridiche che il giudice di appello si era limitato a condividere”.

Ebbene, sulla scorta di tali rilievi gli Ermellini deducono la fondatezza dell’ultimo dei motivi formulati in ricorso dalla contribuente, posto che il giudice di merito ha fatto malgoverno dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia di abuso del diritto. Nella fattispecie infatti la CTR – si legge in sentenza – “lungi dal rilevare una causa di invalidità o di opponibilità all’amministrazione dei negozi opposti dal contribuente – ha illegittimamente mutato la stessa motivazione degli avvisi di accertamento fondandoli su una diversa norma di legge (art. 37 bis d.p.r. n. 600/73), la cui applicabilità, peraltro, non è rilevabile ex officio”.

La sentenza di secondo grado è stata pertanto cassata con rinvio alla CTR per nuovo esame.

Autore: Redazione Fiscal Focus
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